Teatro

A Venezia il Balletto Reale della Cambogia

A Venezia il Balletto Reale della Cambogia

La Fondazione Giorgio Cini di Venezia ha dedicato il 9 maggio una giornata di studi dal titolo “Ricostruire la Cambogia dopo i Khmer Rossi. L’esperienza di vita e di lavoro di Onesta Carpenè”, dedicata alla figura della cooperante veneta impegnata in quel paese per quasi trent’anni; evento accompagnato dall’inaugurazione dalla mostra fotografica “In Cambogia. Fotografie dall'Archivio Tiziano Terzani” (fondo documentale affidato proprio di recente alla fondazione veneziana) che presenta una selezione degli scatti realizzati dal famoso giornalista fiorentino nel corso di uno dei suoi numerosi viaggi in Estremo Oriente.


Per l’occasione, approffittando di una breve tournèe europea che comprende Parigi e Lisbona, è stata presentata al Teatro Malibran in collaborazione con il Teatro La Fenice l’ultima produzione del Balletto Reale di Cambogia guidato dalla principessa reale S.A. Norodom Buppha Devi (già prima ballerina  di quel corpo di ballo ed ex-Ministro della Cultura del governo cambogiano). Uno spettacolo di musica e danza, significativamente intitolato “Luci e ombre” poiché deriva dalla fusione di più elementi dell’arte birmana: il “Khol” (o “Lakhon Luong”), antico teatro reale di danza, lo “Sbek Thom”, teatro delle “grandi ombre” ed infine il “Lakhon Khol”, spettacolo con danzatori/mimi maschili in maschera. Tutti generi a sfondo religioso/rituale, e che peraltro presentano molti punti di contatto con analoghe forme artistiche di paesi vicini quali Giava, Thailandia, Laos. E pensare che queste preziose tradizioni hanno corso il rischio di essere perdute per sempre: come è noto, nel 1970 con un colpo di stato del generale Lon Nol destituì dal trono Norodom Sihanouk, istituendo la Repubblica di Cambogia. Ne derivò una feroce guerra civile che infiammò il paese, determinando tra il 1975 ed il 1979 l’avvento del sanguinario governo del khmer rossi, e poi l’invasione vietnamita. Mischiati tra i milioni di morti registrati in quegli anni terribili, scomparvero quasi tutti gli artisti, gli insegnanti e le abili maestranze del Balletto Reale, sterminati senza pietà. Solo un piccolo gruppo di loro sopravvisse, risparmiato dalla furia omicida del khmer rossi perché nascondendosi come tanti altri nella foresta; il che permise, dopo la instaurazione della monarchia parlamentare avvenuta nel 1993 e la successiva graduale pacificazione del paese, di ricostruire danze, movenze, musica, costumi e naturalmente le trame e le coreografie che stanno alla base del “Khol”. Tutto questo grazie soprattutto alla passione della principessa Norodom Buppha Devi, ed alla sua volontà di ricostituire l’organico del Balletto e recuperare il suo prezioso retaggio culturale,  facendogli ottenere poi nel 2003 la proclamazione di “Patrimonio immateriale dell’Umanita” da parte dell’Unesco.


Il Balletto Reale cambogiano recupera oggi le secolari forme del “Khol”, la cui origine si perde nel tempo: è una mescolanza di danza, mimica, canto e musica, nel quale la narrazione viene sostenuta dall’intonazione melodica di versi dei poemi epici della tradizione di quel paese, peraltro largamente influenzata dalla vicina cultura dell’India: raccolti nei libri del “Reamker”, essi trovano infatti prima e diretta corrispondenza nelle mitologie del “Ramayama” indiano. Oggi, però, il repertorio del Balletto Reale si è ampliato portando talora in scena anche alcune delle leggende buddiste raccolte nel libro dello “Jataka”. All’interno del “Khol” i personaggi in scena non parlano né cantano, ma esprimeno situazioni, stati d’animo e il progredire dell’azione attraverso accurati calligrafismi coreografici; i danzatori sono accompagnati da uno o più cantori, e dagli strumenti tradizionali della cultura khmer posti a lato della scena. Lo “Sbek Thom”, forma di spettacolo popolare ancora presente nei villaggi della Cambogia del Nord, e rappresentato in occasione di cerimonie e feste religiose, prevede invece l’uso di grandi sagome in cuoio, elegantemente traforate, manovrate da abili mani dietro una tela retroilluminata, mentre un narratore accompagnato da qualche strumento commenta melodicamente i fatti rappresentati – un po’ come i nostri “cantastorie” – e fa dialogare i vari personaggi. A sua volta, pure lo “Sbek Thom” nel 2005 è stato inserito a sua volta tra i “patrimoni immateriali” dell’umanità.


Anche gli spettacoli del “Lakhon Khol”, infine, erano un tempo frequentemente rappresentati alla corte reale, per essere poi man mano abbandonati dalla metà dell’800. Sopravvissuto in alcuni villaggi intorno a Phnom Penh, le sue troupes – composte esclusivamente da uomini – da alcuni anni sono nuovamente invitate nella capitale per presentarvi il proprio repertorio, che riprende alcuni temi del “Reamker” e presta particolare attenzione alle coinvolgenti ed acrobatiche scene di battaglia (“Sva Prachap”) tra i compagni di Hanuman, il Re delle Scimmie, e le falangi dei demoni capitanate da Krung Reap. Per inciso, questa forma teatrale è solitamente portata in scena ad inizio d’anno, perché ritenuta auspice di pioggie generose e quindi di un buon raccolto.


In “Luci e ombre” si narra di come Preah Ream, illuminato Re di Ayodhya, accompagnato dalla bella sposa Preah Neang Seda e dal giovane fratello Preah Leak, parta per un lungo viaggi e attraversi la foresta; qui vengono sorpresi da Krung Reap, Re di Langka e Signore dei Démoni, che si invaghisce della donna . Con uno stratagemma, invogliando cioè i due uomini a catturare un cervo d’oro, e fingendosi un vecchio eremita, riesce a rapire Preah Neang Seda e la conduce nel suo regno. Preah Ream chiede allora l’aiuto del fido Hanuman, che riesce a penetrare nel palazzo dove è prigioniera l’infelice donna, recandole un anello che le ricordi lo sposo; e quindi con l’aiuto di due suoi guerrieri – la Scimmia Rossa e la Scimmia Verde – mette a fuoco il regno di Langka. Le cose si risolvono definitivamente però solo quando Preah Ream e Preah Leak, postisi alla testa delle loro truppe, si scontrano con l’esercito dei démoni, e Krung Reap viene ucciso da una freccia scoccata dall’arco magico di Preah Ream. Preah Neang Seda convince con la prova del fuoco d’essere rimasta fedele al dubitante sposo, e tutti fanno infine trionfale ritorno verso il regno di Ayodhya. 
Le varie scene dello spettacolo, doverosamente precedute dalla rituale cerimonia di offerta alle divinità per consacrare le sagome di cuoio e tutti gli artisti impegnati, sono prevalentemente affidate ai bravissimi danzatori reali, vestiti con costumi di eccezionale accuratezza e bellezza, e di tanto intercalate o combinate ad interventi delle maschere del “Lakhon Khol” e delle ombre dello “Sbek Thom”, in un intrigante mix di grande fascino, abilmente costruito e coreografato dalla principessa Norodom Buppha Devi; anche se allo spettatore occidentale inevitabilmente sfugge la più parte delle allegorie coreografiche e delle finezze tecniche messe in campo.